Comuni
Artogne
Le radici di “Hart Thon” (fortezza recintata), nome che potrebbe suggerire le sue origini, trovano forse riscontro in antichi recinti utilizzati per il pascolo del bestiame, che si dirigeva verso le alture per l’alpeggio, pratica ancora diffusa in queste montagne.
Durante il Medioevo, come molte altre località della bassa Valle Camonica, il territorio di “Hart Thon” fu assegnato ai monaci del convento francese di Tour. Intorno al millennio, la chiesa di Sant’Andrea sembra abbia acquisito un ruolo predominante, mentre con l’economia curtense furono i vescovi e i feudatari a esercitare il loro controllo.
Nel XII secolo, grazie a scambi territoriali e donazioni imperiali, il territorio divenne feudo del vescovo di Brescia, che investì la famiglia nobiliare dei Brusati di numerosi beni e privilegi. Successivamente, le proprietà di Ghirardo Brusati passarono ai figli di Bojaco Federici di Gorzone, contribuendo così a consolidare il potere della famiglia Federici, che divenne una delle più influenti della Valle Camonica.
Durante il dominio della Serenissima Repubblica di Venezia (1428-1797), Artogne entrò a far parte dei suoi possedimenti e i Federici si avvicinarono sia alla nobiltà bresciana che al Vescovo Berardo Maggi, Duca di Valle Camonica.
Il XVIII secolo vide la visita del Cardinale Carlo Borromeo nel 1580, che raccomandò la distanza dalle idee giansenistiche e protestanti. Nel 1610, secondo il Catasto redatto da Giovanni da Lezze, Artogne godeva di una vasta autonomia comunale e rappresentava una fonte significativa di reddito grazie alla produzione di castagne secche e biscotti.
Dopo il periodo di dominazione dei signorotti locali, le Vicinie presero vita fino al periodo napoleonico, quando si identificarono con le municipalità. Nel XIX secolo, con la Repubblica Cisalpina, Artogne fu inglobata nel dipartimento bergamasco del Serio e perse la sua autonomia comunale. Durante la restaurazione post-napoleonica, la Valle Camonica passò sotto il dominio austriaco, e durante le guerre risorgimentali alcuni abitanti di Artogne si unirono agli sforzi per l’indipendenza italiana.
Dopo la proclamazione del Regno d’Italia, Artogne fu nuovamente associata amministrativamente a Brescia. Durante il ventennio fascista, nel 1927, si fuse con il comune di Pian Camuno per formare “Pian d’Artogne”, ma nel 1957 riacquistò la sua indipendenza come Comune autonomo.
COSA VEDERE
- CHIESA PARROCCHIALE DEI SANTI CORNELIO E CIPRIANO. La Parrocchiale intitolata ai Santi Cornelio e Cipriano è stato ricostruita con linee tardobarocche alla metà del Settecento su un precedente edificio quattrocentesco. Imponente la scalinata costruita negli anni 50 del Novecento davanti al sagrato e le otto nicchie con statue che decorano la facciata, come il settecentesco portale di ingresso in pietra di Sarnico. All’interno sono presenti interessanti affreschi realizzati negli anni 80 del Settecento dal pittore bresciano Ludovico Gallina; lo splendido altare maggiore in perfetto stile barocco, opera lignea di Andrea Fantoni, e il quadro raffigurante la Madonna del Rosario (proveniente dalla Chiesa di Santa Maria), opera di Giacomo Ceruti, detto il Pitocchetto, vivace artista capace di stupire e incuriosire per le scelte cromatiche e formali. Gaspare Diziani è autore degli oli su tela del presbiterio con vari soggetti, tra cui l’Adorazione dei Magi.
- CHIESA DI SANT’ANDREA. La quattrocentesca chiesetta di Sant’Andrea, riconoscibile con l’alto campanile con decorazioni ad arco, si presenta con un portale quattrocentesco e con un affresco settecentesco raffigurante le Anime Purganti e l’Annunciazione, probabilmente realizzate in una delle molte pestilenze che trasformarono il luogo in lazzaretto. All’interno molti affreschi trecenteschi, tra cui ex-voto, un affresco raffigurante San Cristoforo con il Bambino e un “Martirio di Sant’Andrea” dei primi anni del Cinquecento.
- CHIESA DI SANTA MARIA AD ELISABETTA. Possiamo incontrare questa bella chiesetta quattrocentesca, forse terminata nel 1532 come indica la data incisa sul portale in pietra Simona, lungo l’antica via Valeriana. Curiose ed essenziali le bifore poste su ogni lato dell’elevato campanile. Conosciuta come la “Chiesa della Madonnina”, conserva al suo interno un ricco apparato decorativo, tra cui spiccano la Madonna con il Bambino e Sant’Antonio da Padova. Merita attenzione una acquasantiera in marmo di Vezza d’Oglio recante lo stemma dei Federici.
- CHIESA DI SANTA MARIA DELLA NEVE – Piazze. Questa piccola chiesetta ha forme tipiche del XVIII secolo, ma è ricostruzione di un precedente edificio quattrocentesco. Al centro dell’elegante facciata, il ricco portale in granito che immette sull’interno ad unica navata, divisa in due campate che si allargano su altrettante cappelle laterali. Pregevoli gli eleganti stucchi in bianco ed oro, gli affreschi dei medaglioni delle volte e alcune tele che decorano la chiesa.
- CHIESA DI SAN ROCCO. In località Acquebone sorge la chiesa quattrocentesca di San Rocco, santo invocato nelle pestilenze e nelle epidemie. All’interno dipinti raffiguranti la vita di San Rocco.
- MUSEO DELLA STAMPA “LODOVICO PAVONI”. Il museo conserva macchinari funzionanti ed è possibile sperimentarne l’utilizzo. Tra questi dei torchi del XIX secolo, una linotype, macchine piano-cilindriche e una macchina da stampa platina a stella “Heidelberg”.
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